AMOR SACRO
AMOR SACRO

AMOR SACRO

Di Marco Zarrelli

Con Fabrizio Coniglio, Tullia Daniele, Antonio Catania, Marta Iacopini, Gabriella Casali, Roberto della Casa, Edoardo Sala

Italia | 2016 | 140
Etatutti

Protagonista della vicenda è Padre Innocenzo, monaco cistercense di 39 anni che osserva uno stile di vita austero ed è ceramista dell’abbazia presso cui vive. Inoltre, avendo una bella voce, oltre ad officiare con i confratelli, viene talvolta richiesto da altre chiese per cantare musica sacra in latino. Il trasferimento del parroco del paese comporta per il monaco nuovi impegni (celebrazioni di messe, benedizione delle case, confessioni dei fedeli, manutenzione delle chiese), che lo distolgono dalla sua rarefatta solitudine, con suo grande disappunto.

Il monaco viene a trovarsi faccia a faccia con la complessità della vita della comunità, che in passato aveva accuratamente evitato (familiari compresi), ma che ora non può più evitare. Si renderà sempre più conto della sua inadeguatezza, finché la volontà di suicidarsi di un parente (artigiano fallito) lo sconvolge al punto da sgretolare definitivamente tutte le sue certezze. Ciò lo condurrà ad una radicale ridefinizione della propria identità di uomo e di uomo di fede, pur sempre fermamente rimanendo all’interno della sua scelta di una vita dedicata alla fede. Questo film non vuole essere un documentario, né un film di denuncia.

Il film non vuole mostrare la guerra di un imprenditore contro la burocrazia, oppure la lotta per la sopravvivenza di un artigiano contro le leggi della concorrenza globale. Tutto questo (ed altro) è nel film, ma non nella cronaca esteriore, quanto nei riflessi che tutto ciò ha sulle coscienze e sull’anima degli individui. Padre Innocenzo (che non è un giornalista o un funzionario pubblico) deve confrontarsi con l’anima delle persone. Con tutta la miseria e tutta la nobiltà che in essa albergano (spesso convivendo). Pertanto i meccanismi spesso aberranti della società attuale vengono preferibilmente simbolizzati, oppure rievocati dai personaggi, ma da un’angolazione esistenziale, non sociologica. Ne consegue che questo non è un film in cui abbia particolare rilevanza l’azione esteriore (nell’accezione di racconto o di trama). Ma al contempo, è lungi dal voler essere “ombelicale” o “intimista”.

Le situazioni (molto concrete) con cui Padre Innocenzo deve misurarsi nella sua inedita condizione di “uomo tra gli uomini” sono numerose, ma ognuna aggiunge una tessera al mosaico interiore che si va faticosamente componendo nel suo animo, e nel suo carattere. E forse, la stagione all’inferno che il monaco attraversa nel corso del film non approda ad una disfatta (come potrebbe sembrare), ma ad una benefica illuminazione. Ciò che Padre Innocenzo si trova a vivere nel corso del film lo conduce non a scontati rinnegamenti di fede o a facili surrogati, bensì ad un radicale ripensamento di sé, come uomo e come uomo di fede. La sua fede è davvero così consolidata? Ed è davvero coerente con l’autentico messaggio evangelico? La sua fede non cede, ma esige una revisione sostanziale. Che non si conclude col film, perché un individuo non cambia in settimane o mesi. È un percorso lungo e accidentato, con salti in avanti e passi indietro. Ma gli stimoli che emergono lasciano intravedere gli elementi dello sviluppo futuro. Un futuro dunque già iniziato.

E su un altro piano: può un artista alienarsi dal mondo esterno? La sua arte può davvero scavare nell’abisso dell’anima per pura astrazione, senza una profonda cognizione dell’uomo e della realtà in cui vive? Si può conoscere veramente se stessi se non attraverso gli altri? Più di una situazione allude anche a questo argomento. E qui cade a proposito anche una considerazione di carattere generale in merito ai personaggi e alle situazioni del film. Ogni personaggio, ogni situazione ha una sfumatura simbolica. Tutto resta nell’àmbito del verosimile (quasi tutto, se vogliamo escludere le “visioni” del monaco); ma dal reale deve scaturire sempre un’ambiguità sur-reale, non in senso platealmente espressionista, quanto a livello subliminale, vale a dire: echi inconsci, risonanze sotterranee. Diversamente, il cinema non è più “cinematografo” (ovvero scrittura poetica per immagini in movimento), ma cronaca, reportage.

In questo contesto, le atmosfere degli ambienti e dei luoghi oggettivano il viaggio interiore del monaco. La vertigine mistica della Musica sacra rinascimentale fa il resto: non semplice commento musicale, ma un vero e proprio personaggio. L’adesione al progetto da parte del coro maschile “Odhecaton” (ensemble di fama mondiale, diretto dal M° Prof. Paolo Da Col), consente al film di avvalersi delle ineguagliabili interpretazioni che questo coro ha dato – e dà – della Musica sacra rinascimentale (Josquin des Prez in primis).

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